Don Tonino ha impastato gli ingredienti della propria e altrui storia nella amorevole coccola della presenza di Dio. L’impasto così ottenuto ci indica le tappe di un cammino spirituale, mistico e pastorale verso la coltivazione del Sogno e la sua realizzazione.
Il Sogno, la Speranza, l’organizzazione della Speranza, la Preghiera, la Nonviolenza, l’Innamoramento di Dio, l’Innamoramento dell’Uomo e infine la libertà dell’Amore. Se noi ammettiamo che “preghiera” è il termine per descrivere la sintesi delle tappe di don Tonino, allora pregare è permettere che l’Amore di Dio penetri nella nostra vita per cambiarla. Allora si capisce la profondità dell’invocazione e quasi supplica di don Tonino:
“Chiedete al Signore il fuoco della festa, Per incendiare il mondo con le vampe della profezia e incenerire gli schemi della sua logica antica”.
In questo e in altri passi, don Tonino sviluppa il passaggio fondamentale che ribalta una logica del pensare per emozionare all’emozionare per pensare. Dal “Massimo comune divisore” (Innamoramento di Dio) e dal “Minimo comune multiplo” (Gioia di Vivere ) verso il Massimo Comune Multiplo: La profezia, L’infinito, i senza se e i senza ma.
La parola assume il ruolo di protagonista, la poesia e la tenerezza della comunicazione “scongela” le potenzialità di chi lo ascolta e lo scuote in un percorso operativo di cose e piani di lavoro carichi di Massimo Comune Multiplo. Il coraggio di Dio, l’energia e la forza di scuotimento.
“Se c’e conversione che dobbiamo chiedere alle nostre comunità è quella di essere capaci di liberare Speranza e di saperla organizzare, di dare carne e sangue agli aneliti dei piccoli, dei poveri: di disegnare per loro i percorsi concreti per raggiungere le cime utopiche”.
Don Tonino racconta l’infinito della Carità chiedendo alla poesia un contributo creativo e rivelativo. Le sue ispirazioni sovrastano tutto e un’influenza che viene dal di fuori si impadronisce di lui: una potenza divina penetra in lui e genera immagini perfette attraverso le quali cerca di spiegare la quotidiana presenza di Dio e della sua amorevole carezza.
Il poeta, dunque si confonde col mistico per il dono che ha di rendere le parole capaci di una comunicazione che ci fa accedere alla sua più profonda esperienza spirituale. Ora, non è strano che un grande contemplativo sia nello stesso tempo un grande teologo o un grande filosofo o addirittura un grande organizzatore di speranza.
Partendo da questa sorgente possiamo rappresentare graficamente la dinamica profonda che ritroviamo come un cliché continuo e sempre presente nella testimonianza di don Tonino che forte di questa fede in Dio e in Gesù Cristo non si astrae dalla quotidianità che gronda di sofferenze e di ingiustizie: IL SERVIZIO.
Come Tagore, voce nella mano di Dio: Dammi la forza, o Signore, di non rinnegare mai il povero, di non piegare le ginocchia di fronte all’insolenza dei potenti” e ancora “Sognavo che la vita fosse gioia. Mi svegliai: la vita è servizio. Ho, allora, servito e nel servizio ho trovato la gioia”.
Caritas sine modo. L’iperbole di don Tonino
Senza limiti senza misura senza riserve senza “se” e senza “ma”: alla ricerca dell’infinito di Dio (Tanto con il poco tendente al niente) contro l’infinito del potere (infinita ricchezza materiale).
Nell’iperbole suddetta la dinamica è ben chiara. Solo azzerando tutte le riserve e i vincoli e i “segni del potere” ci si avvicina ad una dimensione molto più ampia e più immensa: l’infinito e la gioia di essere vicini a Dio e all’Uomo. E in questa ottica di dinamica fisica, di movimento fattivo e di “potere dei Segni” in cui i moti dei corpi si alimentano di Forze mistiche e allo stesso tempo provocatorie, che don Tonino traccia l’icona del Grembiule: cioè la sintesi della dinamica della Carità e della Pace.
IL ‘MANAGEMENT NONVIOLENTO’: QUANDO IL PROFITTO È IL BENESSERE DEL LAVORATORE
Intervista a Nino Messina, di Carlotta Susca
Nino Messina, Segretario Generale dell’Ospedale Generale ‘F. Miulli’, non si accontenta di una carriera in campo dirigenziale, lui è impegnato da anni alla ricerca di un nuovo management. Manager industriale, consulente aziendale, già direttore della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, docente al Politecnico di Bari, Nino è soprattutto marito e padre di Ornella e Simone, un uomo per cui il sabato e la domenica sono consacrati alla famiglia e che nessun impegno può allontanare da questo appuntamento fisso, necessario per non perdere mai il contatto con la quotidianità, per non correre il rischio di essere solo un Manager.
L’obiettivo di questo uomo inarrestabile – e sorprendentemente sempre pronto ad accogliere gli interlocutori con un sorriso e un abbraccio – è quello di occuparsi della formazione dei manager, di proporre un modello di gestione aziendale di stampo umanistico che renda le logiche economiche subordinate all’attenzione all’uomo, all’ «attenuazione degli spigoli relazionali nella vita lavorativa». Intervistato, Nino ci spiega che il management nonviolento è la risposta alla «ricerca della serenità aziendale, della pace e del benessere sul luogo di lavoro». Un atteggiamento manageriale che si configura come un vero e proprio stile gestionale, a partire dal linguaggio, che deve «favorire il confronto, l’accrescimento reciproco rifiutando l’uso della metafora bellica».
Chiediamo dunque a Nino di illustrare la sua idea formativa, mentre lui disegna schemi, traccia punti e manifesta la sua costante attenzione alla concretezza maneggiando oggetti, accompagnando alle spiegazioni chiare e accalorate la gestualità che simboleggia un ancoraggio alla realtà e la profonda convinzione nelle sue parole.
Su cosa si basa l’idea del ‘management nonviolento’?
Si può riassumere sostanzialmente in tre punti, tutti ispirati dalla lunga vicinanza a don Tonino Bello: il management nonviolento; il management col grembiule; il management della transumanza.
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Il primo punto si riferisce all’idea di don Tonino per cui bisogna sostituire ai Segni del potere il Potere dei segni. In ambito manageriale, così come in tutti gli altri settori in cui ci sono dinamiche relazionali complesse, sono i segni a denotare il potente, e di qui al senso di onnipotenza il passo è breve. Bisognerebbe invece fare uno sforzo di coerenza, di credibilità in cui la gestione delle risorse umane diventa gestione umana delle risorse. Anche se può sembrare un’idea azzardata, si tratta di coniugare ‘Taylor e Gesù Cristo’: non più cercando solo l’efficienza aziendale ma trovando un equilibrio fra la necessità produttiva e la cura, l’attenzione, l’amore per il dipendente.
Di qui l’idea del management col grembiule.
Sì, il manager rischia di diventare potente, a volte anche onnipotente, dimenticando che il servizio – di cui il grembiule racchiude il significato profondo – è la strada maestra.
È necessario non tanto essere vicino al prodotto ma al produttore. Il manager deve ‘comprendere’ chi produce perché non esiste una scissione fra lavoratore e persona: bisogna ascoltare il dipendente. Il luogo aziendale deve essere il luogo dell’Accoglienza, dell’Ascolto, dell’Aiuto e dell’Abbraccio. Sarebbe auspicabile che l’azienda avesse questa forza di ‘sintesi affettiva’, che si rendesse conto della fondamentale importanza della relazionalità. Il grembiule ha in sé una dinamica di servizio all’uomo, di attenzione alle persone. Di questo mi ero reso conto già lavorando nelle industrie, ma, occupandomi di sanità, mi sono accorto che è ancora più vero in quelle strutture in cui si offre un servizio all’uomo, in cui sono proprio le persone a fare la differenza: per questo è importante che il manager si occupi dei suoi dipendenti e del loro benessere, perché è il loro servizio al paziente, il ‘prodotto’. Non si può ‘produrre’ benessere senza viverlo.
Ed è proprio dirigendo il ‘Miulli’ che hai messo in atto delle strategie per favorire il benessere del dipendente.
Sì, innanzitutto mi sforzo continuamente ad essere sempre disponibile cercando di eliminare i filtri e invitando al ‘tu’, cerco di non essere solo il ‘Direttore’ ma anche il ‘formatore’: raccontandomi metto in comune proprio questa ricerca di un nuovo management. Il veicolo importante è la comunicazione. Qui la creatività gioca un ruolo importante per cementare e rinsaldare uno spirito di gruppo e di senso comune. Due concerti e uno spettacolo teatrale, intesi come momenti extralavorativi, hanno favorito quello spirito e hanno fatto circolare opinioni e approfondimenti al riguardo. Altre iniziative sono in programma tutte intese a sviluppare quella che io chiamo la ‘circolarità emozionale’.
Di qui la terza idea, quella del management della transumanza.
L’idea è quella di favorire il cambiamento attraverso la forza della condivisione e, quindi, della progettualità, attraverso la creatività. Bisogna tendere a qualcos’altro, continuare ad avere in mente che ‘un giorno tutto sarà bello’. Anche se questo ideale si scontra con le difficoltà del quotidiano, don Tonino Bello ci insegnava che ‘bisogna saper contemplare la povertà del raccolto’.
Il motivo per cui questo approccio è vincente e che comunque genera un aumento della produttività: si pensi al caso della Toyota. Pur avendo incrementato i controlli di qualità e la filosofia della ‘total quality’, ha – di fatto – trascurato il fattore umano. Due anni fa la società giapponese ha dovuto richiamare migliaia di automobili dal mercato!
Con una maggiore attenzione alla vita l’azienda diventa più attraente, e anche più produttiva. La responsabilità sociale è da vivere, da cercare nella quotidianità, magari solo dopo da certificare. Bisogna attuare una rivoluzione alla ricerca di un ‘massimo comune multiplo’. Un formula non collegata alla matematica ma alla vita attraverso gradi di evoluzione nei quali la ‘mano d’opera’ diventa ‘mente d’opera’ e, al multiplo più infinito, ‘cuore d’opera’.
Forse la strada maestra è proprio quella di innamorarsi dell’uomo.
Nino Messina, sposato, padre di due figli, è Direttore Amministrativo dell’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti.
Manager industriale per 25 anni (Fincantieri, Isotta Fraschini, Getrag) con esperienza di controller per produzioni US Navy e project finance in Germania, è stato anche direttore pianificazione e controllo presso Casa Sollievo della Sofferenza e direttore Area Politiche della salute della persona e delle pari opportunità della Regione Puglia.
Formatore e esperto in analisi di clima aziendale, ideatore e promotore di una cultura di impresa cosiddetta "management nonviolento”, è stato uno dei "ragazzi" di don Tonino Bello.