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Don Tonino Bello 11


Il management della speranza – Omaggio a Don Tonino Bello

Ancora dobbiamo commuoverci per i bisogni dell’umanità, ancora dobbiamo nutrirci di santi, di profeti e di santi testimoni e ancora dobbiamo sporcare il nostro grembiule di “umanità corrente” .

In piedi costruttori di pace, costruttori di felicità: Organizziamo la speranza

È nel dovere del grembiule, nel dovere del “consumo umano” che il tempo, i pensieri e i progetti dedicati agli uomini diventano valori, diventano capitali, diventano investimenti, diventano patrimonio e ricchezza. Diventano felicità.

“E’ il principio dell’essere l’uno per l’altro a fondare la giustizia e il bene, il dovere e il dono. In questa etica della trascendenza non è il possesso a far da padrone, ma la perdita di sé per l’altro, in cui solo è possibile che l’io ritrovi la verità di se stesso; non è il dominio dell’uomo sull’uomo, ma la comunione dei volti che rende umana la vita e possibile e significativo il vivere insieme.” Bruno Forte

Un punto di arrivo che necessita di voglia di cambiare, di anelito di profezia, di ricerca di profondità e di appello alla radicalità e allo scuotimento.

“Dalla cultura del lamento al culto della speranza”. Un cammino per un cambiamento d’ottica ma anche un cambiamento per trovare nuovo nutrimento. Un cammino di transumanza che deve rappresentare una dinamica organizzata di un momento di “rinfresco” e di profonda riconsiderazione della nostra vita. L’analisi di una realtà “arida e brulla” che stimola il viaggio come movimento dello spirito di una comunità di donne e uomini di buona volontà… Tale coraggio di rinnovamento spinge al cammino e alla grande responsabilità di portare gli altri, di stimolarli al viaggiare, di scuoterli dalla pigrizia, di cercare e trovare la “terra fertile e verdeggiante”. Un nutrimento nuovo.

Riscoprire una voglia di fare servizio, di vivere l’etica, di vivere il “grembiule”. Liberati da tornaconti, dedicata liberamente all’Uomo, liberante per ogni organizzazione incrostata da tensioni e violenze nascoste.

Chi incontra le persone con felicità e godendo delle emozioni dell’incontro servendo la vita per il solo gusto della vita e ricercare la felicità oggi è guardato con sospetto. Tenuto d’occhio, perché pericoloso, addirittura dichiarato destabilizzante.

Ogni cambiamento, ogni slancio verso l’emozione, costituisce una minaccia. Le regole e i regolamenti sostituiscono l’armonia, la passione, la vita stessa. I processi e le procedure si moltiplicano, ma a poco a poco il canto e la gioia e la felicità si spengono inesorabilmente. Arrivano il legalismo, il formalismo, il giuridicismo. Le persone perdono il loro nome in un’atmosfera anonima, fredda e calcolata. I numeri hanno la meglio sulle persone. L’efficienza è l’idolo cui viene sacrificata la crescita degli individui.

Urge ritrovare una dimensione più discreta, meno ingombrante, ricondotta alla funzione di servizio alla vita, meno invadente, più elastica, più modesta, portatrice di un messaggio di libertà, meno trionfalista, che faccia respirare la vita. Altrimenti c’è la morte per asfissia. La corazza, se ha un peso insopportabile finisce per schiacciare proprio la vita che dovrebbe proteggere.

Don Tonino ci obbliga alla transumanza e a farci domande radicali.

“Quante assenze consuntiviamo nella nostra vita di chi avremmo voluto e quante altre sono quelle nostre nella vita di chi avrebbe voluto. Questo è il tormento che mi assale spesso e mi porta a tenere un ipotetico conto delle parole mai dette e delle carezze mai date che avrebbero potuto curare, che avrebbero potuto consolare o che avrebbero potuto salvare.” (clicca qui per leggere l’articolo Ethos e Polis)

Dobbiamo imparare a scoprire le forze più profonde della relazione, l’emozione dell’incontro e della condivisine quotidiana.

Dentro i nostri volti dobbiamo imparare a scorgere sogni e idee nuove per una visione sempre vivace e creativa della circolarità delle nostre vite.

Chi ce lo insegnerà? Chi ci aiuterà a trovare esperti in queste cose? Chi ci proporrà dei momenti di formazione su tutto ciò?

Tutti avvertiamo un TORPORE tra i nostri giovani. Chi li deve scuotere?
Tutti avvertiamo una SOFFERENZA tra i nostri malati e anziani. Chi li deve consolare?
Tutti avvertiamo una RABBIA tra i nostri disoccupati. Chi li deve aiutare?
Tutti avvertiamo una TRISTEZZA tra i nostri poveri e immigrati. Chi li deve consolare?

Signore donaci testimoni, profeti, rivoluzionari e la vicinanza di chi ci vuole bene veramente. I governatori, i gestori, i preti, gli educatori ci devono voler bene veramente e devono essere vicini alla vita sino a toccarla e abbracciarla. Impastarsi con le povertà. Vivere gli androni dei condomini vicini agli “odori casalinghi”.

“Ecco la grande attrattiva del tempo moderno: penetrare nella più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo. Vorrei dire di più: perdersi nella folla, per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino. Vorrei dire di più: fatti partecipi dei disegni di Dio sull’umanità, segnare sulla folla ricami di luce e, nel contempo, dividere col prossimo l’onta, la fame, le percosse, le brevi gioie. Perchè l’attrattiva del nostro, come di tutti i tempi, è ciò che di più umano e di più divino si possa pensare, Gesù e Maria: il Verbo di Dio, figlio d’un falegname; la Sede della Sapienza, madre di casa.” Chiara Lubich

Questo è anche l’insegnamento di don Tonino: voler dire di più e voler fare di più. “Chiedete al Signore il fuoco della festa, per incendiare il mondo con le vampe della profezia e incenerire gli schemi della sua logica antica”.

In questo e in tutto il suo magistero don Tonino sviluppa il passaggio fondamentale che ribalta una logica del pensare per emozionare all’emozionare per pensare e progettare.

La parola assume il ruolo di protagonista, la poesia, la tenerezza dello sguardo “scongela” le potenzialità di chi lo ascolta e le riattiva in entusiasmatici percorsi operativi di cose e piani di lavoro carichi del “fuoco della festa”. Il coraggio di Dio. Le stelle di Baruc rispondono a Dio risplendendo di luce: eccoci. Questa è la luce che don Tonino ci invita ad accendere: energia e forza di scuotimento.

“Se c’è conversione che dobbiamo chiedere alle nostre comunità è quella di essere capaci di liberare Speranza di saperla organizzare, di dare carne e sangue agli aneliti dei piccoli, dei poveri: di disegnare per loro i percorsi concreti per raggiungere le cime utopiche”.

L’iperbole di don Tonino è una scelta radicale tra due infiniti. Quello di Dio Caritas sine modo: il Tanto raggiungibile col niente e con la perdita massima e quello del Potere lucraris sine modo: il Niente raggiungibile con la massima ricchezza materiale ma con nessuna presenza di Dio.

Don Tonino racconta l’infinito di Dio con la poesia e con la dolcezza e tenerezza di padre ma con anche ispirazioni creative e rivelative. Le sue ispirazioni sovrastano tutto e un’influenza che viene dal di fuori si impadronisce di lui: una potenza divina penetra in lui e lo porta a creare certe immagini perfette attraverso le quali cerca di spiegare la quotidiana presenza di Dio. Questi sono lampi di ispirazione attraverso cui viene fuori il genio e l’intuizione misteriosa della presenza divina accordata ai mistici.

Ancora dobbiamo commuoverci per i bisogni dell’umanità, ancora dobbiamo nutrirci di santi di profeti e di santi testimoni e ancora dobbiamo sporcare il nostro grembiule di “umanità corrente”.

 

5 settembre 2019: “La Bisaccia” per Il Forum degli Oratori Italiani

L’intervento di Nino Messina in occasione di “Festa in Piazza”, l’evento tenutosi il 5 settembre 2019 a Molfetta per Il Forum degli Oratori Italiani.

L’iperbole di Don Tonino: un video per commemorare il 25° anniversario della morte del vescovo molfettese

Senza limiti senza misura senza riserve senza “se” e senza “ma”:
alla ricerca dell’infinito di Dio.


Il video di Nino Messina illustra in pochi secondi il messaggio di don Tonino attraverso la dinamica della curva dell’iperbole. Una sorta di misurazione di quanto sia necessario avvicinarsi ai bisogni della gente. Il cammino delle perdite, che con coraggio e audacia Don Tonino ha insegnato, è un cammino che nel cartone animato di Nino Messina mostra il ridursi della distanza con il punto zero nel quale “il chicco di frumento da maggior frutto”.

Tanto con il poco tendente al niente contro l’infinito del potere.

Nell’iperbole di Don Tonino la dinamica è ben chiara. Solo azzerando tutte le riserve e i vincoli ci si avvicina ad una dimensione molto più ampia e più immensa: l’infinito e la gioia di essere vicini a Dio e all’Uomo.

È in questa ottica di dinamica fisica, di movimento fattivo e di “potere dei Segni” in cui i moti dei corpi si alimentano di Forze mistiche e allo stesso tempo provocatorie, che Don Tonino traccia l’icona del Grembiule: cioè la sintesi della dinamica della Carità e della Pace.

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato su Famiglia Cristiana

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato su Quindici Molfetta

Non è un avversario tondo

Non è un anniversario tondo. Per questo non merita rilievi mediatici il 21° anniversario della morte di don Tonino Bello. O almeno così ritengono in molti.

Ma oggi giorno di Pasqua non si può non ricordare l’Innamorato della Resurrezione,  della luce, del cambiamento. L’indicatore stradale, l’additatore di gemme, la sentinella del mattino.

Tanti testimoni sono caduti nel silenzio per mancanza di anniversari tondi!

Ma forse è proprio per questo silenzio, per questa pigrizia, per questo torpore che oggi mancano a noi i messaggi forti, i messaggi profetici,   le grida d’allarme.

In piedi costruttori di pace gridava don Tonino Bello.

Alzatevi, muovetevi, svegliatevi! Sento ancora oggi la forza del suo scuotimento anche un po’ tipica degli inviti dei nostri padri contadini quando si chiamava al lavoro al mattino presto nei campi ancora ghiacciati di rugiada.  Perché è al lavoro che dobbiamo andare. Già al mattino presto instancabili costruttori.

In piedi costruttori. Non demolitori, lamentatori  incalliti,  distruttori di sogni,  ma sviluppatori di idee, di visioni e di progetti. Amplificatori di voci buone, di grida di protesta e di calde utopie.

Costruttori di terre ed edifici di pace fatti di mattoni di tenerezza, di premura, di sensibilità, di protezione, di entusiasmo, di audacia, di comprensione, di accoglienza, di ascolto, di aiuto, di abbraccio e carezza, di allegria.

No. Non si può dimenticare il “prete col grembiule”. Operoso, operativo e operaio nel cantiere della pace sempre aperto,  giorno e notte.

Forse ricordare don Tonino oggi significa andare a scuola di pace. Formarsi alla solidarietà e alla politica del grembiule e non tradire questo vescovo da “catechismo di strada” stando lontano dagli androni dei palazzi e dagli angoli delle città dove si consuma l’ingiustizia e la povertà.  Lo ricordiamo nei convegni e nelle messe ma dimentichiamo il suo grido  “la pace è finita andate a messa”  e che ci invitava ad immergerci nella città tracciando “ricami di luce sulla folla” cosi come un altro profeta gridava (Chiara Lubich).

Manager col grembiule, Medici col grembiule, Insegnanti col grembiule, Politici col grembiule. Queste sono le icone di riferimento. Sono iperbole di “disarmo” dai segni del potere,  che,  con la  Carità , la nonviolenza e il potere dei segni, tendono all’infinito di Dio e dell’Uomo.

David Turoldo scriveva “..la gente, l’umile gente abbia ancora chi l’ascolta e trovino udienza le preghiere”

E noi, sappiamo prestare ascolto ai poveri, agli ultimi e all’umile gente bisognosa di santità laica, che attende di trovare udienza alle proprie preghiere?

Questa è la domanda per un anniversario non tondo. Direi quotidiano , stabile, continuo e regolare

E don Tonino ci risponderebbe ancora  cosi:

“Siate voi i promotori della santità. Io mi appello a quella santità laica di cui tutti quanti voi potete essere fornitori, protagonisti e propositori La santità laica, i valori del Vangelo che poi sono i valori che si sprigionano dalle viscere della terra.

La solidarietà. La solidarietà non intesa come vago sentimento adolescenziale, ma come farsi carico delle sofferenze degli altri, le sofferenze della città.

La trasparenza. La trasparenza della vita perché non ci siano fratture tra l’audio e il video. C’è molto audio nelle nostre chiese. Ma di video ce ne è poco; si sente bene, ma il video è a strisce; ci sono delle interferenze.

L’accettazione dell’altro. La ricerca dell’altro.

Capite allora? Provocare dalle viscere del territorio  questa esemplarità. Questo è promozione nuova per la città. La santità laica, la promozione di questi valori. Che i vostri figli apprendano da voi quelle fierezze che fanno l’uomo grande, quelle fierezze umane; quelle indipendenze interiori, quei riconoscimenti di subalternità solo dinanzi a Dio. Servi di tutti ma schiavi di nessuno. Protesi in questo servizio straordinario dell’uomo. Quanto merito vi troverete per essere stati promotori di questa santità urbana, di questa santità laica, democratizzata, diffusa. La città langue di interiorità.” (in Senza misura. Caritas sine modo, edizioni la meridiana)

Alda Merini scriveva “..domandano tutti come si fa a scrivere un libro ….. Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via …”

Cosi ha scritto il libro della sua vita don Tonino Bello e cosi lo dobbiamo imitare in tutti gli anniversari tondi e non tondi.

Nino Messina

Nino e Don Tonino

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Chi siamo

Nino Messina, sposato, padre di due figli, è Direttore Amministrativo dell’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti.
Manager industriale per 25 anni (Fincantieri, Isotta Fraschini, Getrag) con esperienza di controller per produzioni US Navy e project finance in Germania, è stato anche direttore pianificazione e controllo presso Casa Sollievo della Sofferenza e direttore Area Politiche della salute della persona e delle pari opportunità della Regione Puglia.
Formatore e esperto in analisi di clima aziendale, ideatore e promotore di una cultura di impresa cosiddetta "management nonviolento”, è stato uno dei "ragazzi" di don Tonino Bello.

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Offro questo dipinto di Paolo Sciancalepore allo studio

non dei filosofi

non dei professori

non dei formatori

ma ai semplici e agli ignoranti

che si sforzano di amare l’Umanità

più di sapere molte cose

abitando il limite delle proprie mani vuote…..

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