• Sezioni
    • News
    • Contributi
    • Rassegna stampa
  • Approfondimenti
    • Don Tonino Bello
    • Management col grembiule
  • Formazione
  • Management Non Violento
  • Perdono e riconciliazione aziendale
  • Contatti
  • Management Non Violento
  • Formazione
  • Approfondimenti
    • Don Tonino Bello
    • Management col grembiule
  • Sanità
  • TALENTI
    • Poesie
    • Teorie
  • Sezioni
    • Contributi
    • News
    • Rassegna stampa
  • Servizi
    • Perdono e riconciliazione aziendale

BirdHouse

Don Tonino Bello 11


L’iperbole di Don Tonino

Don Tonino ha  impastato gli ingredienti della propria e altrui storia nella amorevole coccola della presenza di Dio. L’impasto così ottenuto ci indica le tappe di un cammino spirituale, mistico e pastorale verso la coltivazione del Sogno e la sua realizzazione.

Il Sogno, la Speranza, l’organizzazione della Speranza, la Preghiera, la Nonviolenza, l’Innamoramento di Dio, l’Innamoramento dell’Uomo e infine la libertà dell’Amore.  Se noi ammettiamo che “preghiera” è il termine per descrivere la sintesi delle tappe di don Tonino, allora pregare è permettere che l’Amore di Dio penetri nella nostra vita per cambiarla. Allora si capisce la profondità dell’invocazione e quasi supplica di don Tonino:

“Chiedete al Signore il fuoco della festa, Per incendiare il mondo con le vampe della profezia e incenerire gli schemi della sua logica antica”.

In questo e in altri passi, don Tonino sviluppa il passaggio fondamentale che ribalta una logica del pensare per emozionare all’emozionare per pensare. Dal “Massimo comune divisore” (Innamoramento di Dio) e dal “Minimo comune multiplo” (Gioia di Vivere ) verso il Massimo Comune Multiplo: La profezia, L’infinito, i senza se e i senza ma.

La parola assume il ruolo di protagonista, la poesia e la tenerezza della comunicazione “scongela” le potenzialità di chi lo ascolta e lo scuote in un percorso operativo di cose e piani di lavoro carichi di Massimo Comune Multiplo. Il coraggio di Dio, l’energia e la forza di scuotimento.

“Se c’e conversione che dobbiamo chiedere alle nostre comunità è quella di essere capaci di liberare Speranza e di saperla organizzare, di dare carne e sangue agli aneliti dei piccoli, dei poveri: di disegnare per loro i percorsi concreti per raggiungere le cime utopiche”.

Don Tonino racconta l’infinito della Carità chiedendo alla poesia un contributo creativo e rivelativo. Le sue ispirazioni sovrastano tutto e un’influenza che viene dal di fuori si impadronisce di lui: una potenza divina penetra in lui e genera immagini perfette attraverso le quali cerca di spiegare la quotidiana presenza di Dio e della sua amorevole carezza.

Il poeta, dunque si confonde col mistico per il dono che ha di rendere le parole capaci di una comunicazione che ci fa accedere alla sua più profonda  esperienza spirituale. Ora, non è strano che un grande contemplativo sia nello stesso tempo un grande teologo o un grande filosofo o addirittura un grande organizzatore di speranza.

Partendo da questa sorgente  possiamo rappresentare graficamente la dinamica profonda che ritroviamo come un cliché continuo e sempre presente nella testimonianza di don Tonino che forte di questa fede in Dio e in Gesù Cristo non si astrae dalla quotidianità che gronda di sofferenze e di ingiustizie: IL SERVIZIO.

Come Tagore,  voce nella mano di Dio: Dammi la forza, o Signore, di non rinnegare mai il povero, di non piegare le ginocchia di fronte all’insolenza dei potenti” e ancora “Sognavo che la vita fosse gioia. Mi svegliai: la vita è servizio. Ho, allora, servito e nel servizio ho trovato la gioia”.

Caritas sine modo. L’iperbole di don Tonino

Senza limiti senza misura senza riserve senza “se” e senza “ma”: alla ricerca dell’infinito  di Dio (Tanto con il poco tendente al niente)  contro l’infinito del potere (infinita ricchezza materiale).

Nell’iperbole suddetta la dinamica è ben chiara. Solo azzerando tutte le riserve e i vincoli e i “segni del potere” ci si avvicina ad una dimensione molto più ampia e più immensa: l’infinito e la gioia di essere vicini a Dio e all’Uomo. E in questa ottica di dinamica fisica, di movimento fattivo e di “potere dei Segni”  in cui i moti dei corpi si alimentano di Forze mistiche e allo stesso tempo provocatorie, che don Tonino traccia l’icona del Grembiule: cioè la sintesi della dinamica della Carità e della Pace.

Intervista per le ACLI

IL ‘MANAGEMENT NONVIOLENTO’: QUANDO IL PROFITTO È IL BENESSERE DEL LAVORATORE

 

Intervista a Nino Messina, di Carlotta Susca

 

Nino Messina, Segretario Generale dell’Ospedale Generale ‘F. Miulli’, non si accontenta di una carriera in campo dirigenziale, lui è impegnato da anni alla ricerca di un nuovo management. Manager industriale, consulente aziendale, già direttore della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, docente al Politecnico di Bari, Nino è soprattutto marito e padre di Ornella e Simone, un uomo per cui il sabato e la domenica sono consacrati alla famiglia e che nessun impegno può allontanare da questo appuntamento fisso, necessario per non perdere mai il contatto con la quotidianità, per non correre il rischio di essere solo un Manager.

 

L’obiettivo di questo uomo inarrestabile – e sorprendentemente sempre pronto ad accogliere gli interlocutori con un sorriso e un abbraccio – è quello di occuparsi della formazione dei manager, di proporre un modello di gestione aziendale di stampo umanistico che renda le logiche economiche subordinate all’attenzione all’uomo, all’ «attenuazione degli spigoli relazionali nella vita lavorativa». Intervistato, Nino ci spiega che il management nonviolento è la risposta alla «ricerca della serenità aziendale, della pace e del benessere sul luogo di lavoro». Un atteggiamento manageriale che si configura come un vero e proprio stile gestionale, a partire dal linguaggio, che deve «favorire il confronto, l’accrescimento reciproco rifiutando l’uso della metafora bellica».

 

Chiediamo dunque a Nino di illustrare la sua idea formativa, mentre lui disegna schemi, traccia punti e manifesta la sua costante attenzione alla concretezza maneggiando oggetti, accompagnando alle spiegazioni chiare e accalorate la gestualità che simboleggia un ancoraggio alla realtà e la profonda convinzione nelle sue parole.

 

Su cosa si basa l’idea del ‘management nonviolento’?

 

Si può riassumere sostanzialmente in tre punti, tutti ispirati dalla lunga vicinanza a don Tonino Bello: il management nonviolento; il management col grembiule; il management della transumanza.

.

Il primo punto si riferisce all’idea di don Tonino per cui bisogna sostituire ai Segni del potere il Potere dei segni. In ambito manageriale, così come in tutti gli altri settori in cui ci sono dinamiche relazionali complesse, sono i segni a denotare il potente, e di qui al senso di onnipotenza il passo è breve. Bisognerebbe invece fare uno sforzo di coerenza, di credibilità in cui la gestione delle risorse umane diventa gestione umana delle risorse. Anche se può sembrare un’idea azzardata, si tratta di coniugare  ‘Taylor e Gesù Cristo’: non più cercando solo l’efficienza aziendale ma trovando un equilibrio fra la necessità produttiva e la cura, l’attenzione, l’amore per il dipendente.

 

Di qui l’idea del management col grembiule.

 

Sì, il manager rischia di diventare potente, a volte anche onnipotente, dimenticando che il servizio –  di cui il grembiule racchiude il significato profondo – è la strada maestra.

È necessario non tanto essere vicino al prodotto ma al produttore. Il manager deve ‘comprendere’ chi produce perché non esiste una scissione fra lavoratore e  persona: bisogna ascoltare il dipendente. Il luogo aziendale deve essere il luogo dell’Accoglienza, dell’Ascolto, dell’Aiuto e dell’Abbraccio. Sarebbe auspicabile che l’azienda avesse questa forza di ‘sintesi affettiva’, che si rendesse conto della fondamentale importanza della relazionalità. Il grembiule ha in sé una dinamica di servizio all’uomo, di attenzione alle persone. Di questo mi ero reso conto già lavorando nelle industrie, ma, occupandomi di sanità, mi sono accorto che è ancora più vero in quelle strutture in cui si offre un servizio all’uomo, in cui sono proprio le persone a fare la differenza: per questo è importante che il manager si occupi dei suoi dipendenti e del loro benessere, perché è il loro servizio al paziente, il ‘prodotto’. Non si può ‘produrre’ benessere senza viverlo.

 

Ed è proprio dirigendo il ‘Miulli’ che hai messo in atto delle strategie per favorire il benessere del dipendente.

 

Sì, innanzitutto mi sforzo continuamente ad essere sempre disponibile cercando di eliminare i filtri e invitando al ‘tu’, cerco di non essere solo il ‘Direttore’ ma anche il ‘formatore’: raccontandomi metto in comune proprio questa ricerca di un nuovo management. Il veicolo importante è la comunicazione. Qui la creatività gioca un ruolo importante per cementare e rinsaldare uno spirito di gruppo e di senso comune. Due concerti e uno spettacolo teatrale, intesi come momenti extralavorativi, hanno favorito quello spirito e hanno fatto circolare opinioni e approfondimenti al riguardo. Altre iniziative sono in programma tutte intese a sviluppare quella che io chiamo la ‘circolarità emozionale’.

 

Di qui la terza idea, quella del management della transumanza.

 

L’idea è quella di favorire il cambiamento attraverso la forza della condivisione e, quindi, della progettualità, attraverso la creatività. Bisogna tendere a qualcos’altro, continuare ad avere in mente che ‘un giorno tutto sarà bello’. Anche se questo ideale si scontra con le difficoltà del quotidiano, don Tonino Bello ci insegnava che ‘bisogna saper contemplare la povertà del raccolto’.

Il motivo per cui questo approccio è vincente e che comunque genera un aumento della produttività: si pensi al caso della Toyota. Pur avendo incrementato i controlli di qualità e la filosofia della ‘total quality’, ha – di fatto – trascurato il fattore umano. Due anni fa la società giapponese ha dovuto richiamare migliaia di automobili dal mercato!

Con una maggiore attenzione alla vita l’azienda diventa più attraente, e anche più produttiva. La responsabilità sociale è da vivere, da cercare nella quotidianità, magari solo dopo da certificare. Bisogna attuare una rivoluzione alla ricerca di un ‘massimo comune multiplo’. Un formula non collegata alla matematica ma alla vita attraverso gradi di evoluzione nei quali la ‘mano d’opera’ diventa ‘mente d’opera’ e, al multiplo più infinito, ‘cuore d’opera’.

Forse la strada maestra è proprio quella di  innamorarsi dell’uomo.

Don Tonino – Profeta dei nostri tempi

Allegati

  • Don Tonino - Profeta dei nostri tempi (2 MB)

Don Tonino per una nuova formazione manageriale

Dalle strategie di mercato, dall’efficienza della produzione, dalla qualità totale, dal controllo di gestione…all’Uomo.

E se inserissimo nella lista dei bisogni aziendali uno perpetuo, quotidiano, comune, sempre presente, minimo comune denominatore vissuto da tutti gli uomini e le donne in ogni realtà aziendale e in ogni luogo?

Il bisogno di amore

 

Come avvicinare, fondere e curare questa voglia di amore con il mondo aziendale?

Non è cosa facile.

Significa convertire l’orientamento del management.

Significa introdurre uno stile di accoglienza.

Un riconoscimento dell’altro che faccia da sottofondo e da humus alla gestione classica aziendale.

Significa rinnovare gli schemi organizzativi.

Significa concentrarsi non solo sui processi produttivi, economici, finanziari, commerciali ma, con priorità, sulle relazioni umane e sui valori.

La cura degli incontri e delle relazioni porteranno un significato nuovo ai luoghi anche alle aziende, industrie, banche ……

Un significato etico

Riporto uno scritto di don Tonino Bello tratto da “Senza misura” (ed. la meridiana 1993) che si intitola Le Sentinelle della città.

E’ un messaggio rivolto ai professionisti con il quale farò un tentativo di comparazione e trasposizione.

Affiancherò alla parola città le parole azienda, industria, …

Ve lo propongo cosi affinché il significato etico del luogo ci porti a dare importanza a tutti i luoghi e non solamente ad alcuni e a sottolineare che è la persona che fa il luogo profano o sacro.

“A voi che siete abituati a riflettere un pochino più degli altri, che leggete di più, che ascoltate di più, a voi uomini di cultura, uomini del libro e della routine quotidiana, a voi sentinelle della città (azienda, industria, ..) vorrei porre questa domanda: dove va la nostra città (azienda, industria, ..)? Dove stiamo andando?

…………………………

In fatto di vita spirituale, di vita religiosa c’è molta esteriorità. C’è molta voglia di sacro nella nostra città (azienda, industria, ..) ma poco desiderio di santità. Il sacro è una tintura che noi mettiamo all’esterno secondo i nostri gusti. Santità invece è vita interiore, è ascolto, è voglia di attingere alle falde freatiche profonde dove scorre l’acqua del silenzio, dei grandi valori della vita, della contemplazione, dello stupore, dell’amore per le cose, del rispetto degli altri, dell’amore per Dio e della polarizzazione della propria vita attorno a Lui. Questa è santità………….

Siate voi i promotori della santità. Io mi appello a quella santità laica di cui tutti quanti voi potete essere fornitori, protagonisti e propositori La santità laica, i valori del Vangelo che poi sono i valori che si sprigionano dalle viscere della terra

La solidarietà. La solidarietà non intesa come vago sentimento adolescenziale, ma come farsi carico delle sofferenze degli altri, le sofferenze della città (azienda, industria, …) .

La trasparenza. La trasparenza della vita perché non ci siano fratture tra l’audio e il video. C’è molto audio nelle nostre chiese. Ma di video ce ne è poco; si sente bene, ma il video è a strisce; ci sono delle interferenze.

L’accettazione dell’altro. La ricerca dell’altro.

Capite allora? Provocare dalle viscere del territorio (azienda, industria, ..) questa esemplarità. Questo è promozione nuova per la città (azienda, industria, ..). La santità laica, la promozione di questi valori. Che i vostri figli apprendano da voi quelle fierezze che fanno l’uomo grande, quelle fierezze umane; quelle indipendenze interiori, quei riconoscimenti di subalternità solo dinanzi a Dio. Servi di tutti ma schiavi di nessuno. Protesi in questo servizio straordinario dell’uomo. Quanto merito vi troverete per essere stati promotori di questa santità urbana (aziendale), di questa santità laica, democratizzata, diffusa.

 

La città (azienda, industria, ..) langue di interiorità.

Biografia di Don Tonino Bello

Il pianeta variegato e creativo dei movimenti per la pace ha avuto negli anni ottanta e inizi novanta un infaticabile animatore nella persona di don Tonino Bello.

Ordinato vescovo il 30 ottobre 1982, fece il suo ingresso nella diocesi di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo – Terlizzi il 21 novembre dello stesso anno. Il suo ministero pastorale si distinse per il coraggio profetico con cui fu capace di indicare le strade per la costruzione di una pace che non sfuggisse alle ragioni della nonviolenza cristiana. Non mancano in lui, a partire da una visione della pace che sa sempre coniugarsi con il servizio e la solidarietà ai più poveri, una visione di Chiesa che si informa più strettamente al Vangelo. Rimane famosa la sua definizione della “chiesa del grembiule”, di una comunità cristiana che sa chinarsi umilmente sui piedi degli uomini senza tralasciare di analizzare in profondità le cause delle nuove povertà. Il suo servizio, pur non rifuggendo l’azione particolare, anzi privilegiando quella “teologia del volto” che vuol dire incontro e accoglienza dell’altro, conosce le fasi della denuncia e dell’annuncio come momenti dinamici di una stessa missione che si propone all’intera comunità. D’altra parte a ragione si potrebbe oggi parlare di una ecclesiologia fondata sul Vangelo del servizio e della pace che egli ha proposto ed incarnato negli ambiti pastorali cui è stato chiamato a servire. I discorsi pronunciati in occasione dell’annuale Messa crismale ed il Progetto Pastorale approntato per la sua diocesi sono un esempio di quella prospettiva e costituiscono un utile approfondimento al riguardo.

Nel 1985 col consenso della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana fu chiamato a succedere a Mons. Luigi Bettazzi vescovo di Ivrea, nella guida di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace. Anche qui fece subito intendere che avrebbe guidato il Movimento con la testimonianza coraggiosa di vita e con la parola carica di calore umano e di profezia. La sua azione ha sempre tratto energia, vita e motivi da una spiritualità saldamente ancorata alla Parola di Dio. Forse anche per la sintonia con la spiritualità francescana (faceva parte dell’Ordine Francescano Secolare) egli amava lasciarsi guidare dal vangelo “sine glossa”, senza sconti sulla verità né diluizioni o prudenze carnali. Con una delle sue originali ed appropriate intuizioni linguistiche egli tracciava le linee per una spiritualità di quello spessore definendola “contemplattiva”. Pur così radicate nella Parola, le sue riflessioni hanno trovato accoglienza e comprensione anche presso persone di culture e formazione ideologica differenti tanto da farne apprezzare la proposta franca e l’azione profetica ben oltre i confini della chiesa cattolica.

Non è per nulla facile riuscire a definire ciò che ha caratterizzato il suo spendersi per la pace ma ci pare di poter raccogliere lo stile inaugurato dalla sua testimonianza nella politica, nella profezia e nella poesia della pace.

La beatitudine evangelica degli operatori di pace diventa ben presto il discrimine per valutare e promuovere azioni concrete, mai approssimate ma sempre frutto di una lettura attenta della realtà. In questo senso vanno lette le sue prese di posizione nel corso di conflitti armati come quelli del Golfo e della ex-Jugoslavia, l’organizzazione della protesta contro l’ipotesi del trasferimento degli aerei F16 nella base di Gioia del Colle, la lotta contro il tentativo di sottrarre migliaia di ettari di terreno a contadini ed allevatori della Murgia barese per farne un enorme poligono di tiro, la sua appassionata adesione al cartello “Contro i mercanti di morte” che portò nel 1990 all’approvazione della Legge 185 che regola in maniera restrittiva e democratica il commercio delle armi italiane e tante altre azioni nella direzione dell’affermazione e della crescita di una cultura di pace.

Molti dei gesti che hanno accompagnato la vita di questo vescovo hanno le caratteristiche della profezia in quanto partono da una condivisione autentica delle contraddizioni e delle miserie della nostra epoca, riescono a leggere nella profondità e nella trasparenza degli avvenimenti della micro come della macro storia, ma al contempo sono capaci di indicare una strada da seguire. In questo senso l’accoglienza in diversi tempi di sfrattati, albanesi e africani immigrati nella sua casa, così come gli interventi e le omelie che accompagnano e scandiscono il cammino della Diocesi, la riflessione in occasione di eventi drammatici (l’uccisione del sindaco di Molfetta, l’assassinio di una guardia campestre, la commemorazione di Mons. Romero ed altri…) segnano una strada per cristiani ed uomini di buona volontà. Inoltre in don Tonino Bello risalta la capacità di strappare alla banalità ogni avvenimento fino a coglierne la filigrana più intima. La modalità del profeta la si scorge anche nel momento in cui egli accarezza la figura biblica della sentinella che, scrutando l’orizzonte, riesce a cogliere prima degli altri l’incalzare dell’alba sin dalla prima stella del mattino.

Infine alcune considerazioni sul linguaggio. La sua parola assume tonalità poetiche, oseremmo dire liriche. Per la verità forse non c’è genere letterario e forma di linguaggio che in don Tonino non abbia trovato luogo. Rimangono toccanti e provocatorie nello stesso tempo alcune pagine di fraterno dialogo con i personaggi biblici, come l’immaginario epistolario con persone che emergono dalla realtà come spine nel fianco debole della storia. Le sue riflessioni sulla figura e le virtù di Maria e le preghiere da lei ispirate e a lei rivolte riescono ad essere comprensibili a tutti pur nell’eleganza del linguaggio. Non di meno egli ricorre alla metafora e alla coniazione di nuovi termini quando non al gioco dei vocaboli, nel momento in cui deve parlare della pace e proporne le strade concrete. A questo proposito arriva ad esaltare l’arte, la musica e la poesia come forme privilegiate dell’annuncio della pace. (vedi dialogo con Saul).

Intuizione, profezia e coraggio nel proporre una pace mai disincarnata ma sempre coniugata con la giustizia, con la verità, la salvaguardia del creato, la nonviolenza, gli valsero non poche incomprensioni sia nel mondo laico come nel contesto ecclesiale che spesso gli rimproverava ingenuità o spregiudicatezza. Alla prova dei fatti, come al vaglio del tempo, la storia che mostra gemme di primavera pur tra le fatiche e i dolori della gestazione, dà ragione delle sue prese di posizione e degli orizzonti intravisti. Il 20 aprile 1993 a soli quattro mesi di distanza dalla partecipazione alla missione di pace a Sarajevo (missione di cui era stato anche l’ispiratore), un cancro indomabile lo ferma, i poveri e gli operatori di pace lo piangeranno sinceramente certi di aver perso troppo prematuramente (era nato ad Alessano in provincia di Lecce il 18 marzo 1935) un testimone della pace intesa, e solo in parte realizzata, come “convivialità delle differenze”.

Pagina 2 di 3«123»
Chi siamo

Nino Messina, sposato, padre di due figli, è Direttore Amministrativo dell’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti.
Manager industriale per 25 anni (Fincantieri, Isotta Fraschini, Getrag) con esperienza di controller per produzioni US Navy e project finance in Germania, è stato anche direttore pianificazione e controllo presso Casa Sollievo della Sofferenza e direttore Area Politiche della salute della persona e delle pari opportunità della Regione Puglia.
Formatore e esperto in analisi di clima aziendale, ideatore e promotore di una cultura di impresa cosiddetta "management nonviolento”, è stato uno dei "ragazzi" di don Tonino Bello.

Segui su Linkedin

HR management: Persona o potere …. Passione o inganno …Conversione o tradimento

…il leone m’ha detto: “Strana gazzella tu sei, corri!

Perché m’insegui sì rapida? Attenta, ch’io voglio sbranarti”..

Rûmî

Poesie mistiche

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Approfondimenti Formazione Management Non Violento Perdono e riconciliazione aziendale
Iscriviti alla newsletter.
  • Sezioni
    • Contributi
    • News
    • Rassegna stampa
  • Approfondimenti
    • Don Tonino Bello
    • Management col grembiule
Cerca nel sito
2019 © Management Non Violento