Il ponte: lo sforzo di avvicinare gli opposti

Il ponte è da sempre stato lo strumento con cui l’uomo ha superato le barriere che la natura gli aveva posto come invalicabili, con la sua intelligenza è riuscito a concepire una struttura che gli ha permesso di prosperare grazie al superamento di passaggi disagevoli o proibitivi che grave ostacolo ponevano al suo movimento.

Forze di incredibile portata, tensioni estreme si distribuiscono sulla sua struttura con l’unico risultato di tenere in piedi un passaggio , un enorme sforzo teso ad avvicinare gli opposti.

Nella società attuale enormi interessi si trovano continuamente a confliggere nel tentativo di raggiungere un obiettivo strettamente proprio in realtà altamente complesse.

Le aziende al pari degli altri organismi sociali vivono un atteggiamento altamente conflittuale nelle questioni che intralciano i loro interessi.

Nella quotidianità dei loro bisogni attuano un comportamento altamente aggressivo nei confronti della parte configgente; stuoli di avvocati e grandi autostrade legali vengono considerati l’unica e automatica via di soluzione del conflitto.

Si pensi che una sorta di aggressione codificata si esprime nei processi e procedure aziendali con documenti (forms di intimazione; lettere legali) generati automaticamente dai sistemi informativi.

La verità sta nella sordità di questi organismi e dei suoi interpreti principali, ciò che previamente manca è l’ascolto, la capacità stessa dell’ascolto, la possibilità di ascoltare, la possibilità data all’altro di esprimere le proprie ragioni.

Manca cioè la comunicazione, mancando un comune terreno di discussione è impossibile arrivare alla composizione pacifica della contesa.

Questa in realtà richiederebbe un grande sforzo con la presenza di grandi energie positive in ambo le parti che vadano a generare altrettante forze attrattive verso la composizione.

Invece è molto più semplice aggredire per vie legali demandando ad altri le responsabilità proprie di managers, di direttori, di protagonisti industriali commerciali e finanziari.

Il management nonviolento, rieduca all’ascolto, alla comprensione dell’altrui interesse, alla composizione pacifica della lite, diventa in sostanza un generatore di energie positive.

L’approccio qui proposto non è basato sulla certezza del diritto ma sulla certezza della comunicazione possibile tra le aziende; queste non sarebbero più costrette a dover tradurre le proprie esigenze in linguaggio non strettamente proprio quale quello legale, ma si troverebbero ricongiunte su un terreno noto.

Lo sforzo rappresenta una dinamica, un’attività, in impegno a creare un terreno fertile di comunicazione e di confronto. Su questo terreno il lavoro, non facile, di pace si estrinseca nell’aiutare, favorire la mediazione e quindi la composizione.

Ciò che rileva non è tanto la dimensione del ponte da costruire, ma il riuscire a tracciare una direzione verso la costruzione di un ponte: sono i piccoli passi verso il polo opposto a rappresentare la dinamica virtuosa da generare nell’ambito di questo lavoro.

Qui la cura non può essere intesa come quella legale di natura stragiudiziale, ma quella dell’uso delle le regole della nonviolenza dove la gratuità da valore e la trasparenza diventa strategia.

La composizione dei conflitti nei processi interaziendali è un nuovo percorso che richiede confronti e sperimentazioni sul campo.

 

La voglia di condividerla sul piano operativo è molto forte.
Per questo chi è interessato non esiti a contattare Nino Messina all’indirizzo e-mail direttore@managementnonviolento.it oppure al numero 3497292247 .

 

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